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Condividiamo l’editoriale di Loredana Cirillo per d di La Repubbilca.

La caccia ai colpevoli tra i più fragili o diversi nella storia dell’umanità è stata una costante. Oltre ai deboli anche i cambiamenti vengono perseguitati perché hanno l’imperdonabile prerogativa di far ricordare quel che i latini tuonavano così: tempus fugit, memento mori! (il tempo scorre ricordati che morirai!). Per esorcizzare l’angoscia di morte che lo scorrere della vita e del tempo ci sollecita, o più semplicemente per liberarci dalle fragilità, da sentimenti negativi che temiamo e non sappiamo gestire, spesso cerchiamo un colpevole, un oggetto esterno a cui attribuire i nostri mali e quelli del mondo. Stare nella complessità significa mettersi in gioco, chiamare in causa le responsabilità individuali, non solo armarsi contro un nemico esterno. Talvolta i cattivi esistono, vanno riconosciuti e combattuti ma capita che le vicende della vita siano più complicate di così.
Fattori di innovazione e cambiamento sociale come internet, i video giochi, i social network sono spesso ritenuti i colpevoli delle fragilità dei più giovani, rinunciando così a ricercare un senso più profondo, affettivo, sociale e relazionale ai loro disagi, capace di considerare com’è fatto il mondo in cui vivono, da cui attingono per crescere. Oppure è colpa della natura maligna dei ragazzi o dei loro genitori, della scuola, insomma con qualcuno bisogna pur prendersela quando le cose vanno male. Una visione riduttiva, semplicistica, una caccia alle streghe che ci porta nella dimensione della superficie, quando non si vuole o non si riesce ad andare più a fondo. La causalità lineare prende pericolosamente il sopravvento, in luogo della circolarità, della multifattorialità dell’esperienza umana. Questo meccanismo di attribuzione sembra dilagare in ogni contesto della contemporaneità, talvolta con ricadute davvero drammatiche ed estreme rispetto alla donazione di senso del nostro esistere individuale e sociale. Persino di fronte al dramma degli ultimi del
pianeta, i migranti, di fronte ai cadaveri di bambini innocenti è stato evocato il paradigma della colpa. Quanta violenza, perversione e manipolazione nell’attribuire colpe a chi non ha nulla e ha perso tutto, a chi vive senza speranze, né futuro e, nel tentativo di costruirne uno, rischia il sacrificio estremo.