Seleziona una pagina

Riportiamo l’articolo pubblicato sul sito Nostrofiglio.it con l’intervista a Matteo Lancini sul recente caso di cronaca legato all’utilizzo di droghe sintetiche da parte degli adolescenti.

Il recente dramma della sedicenne morta a Genova per una dose di ecstasy riaccende ancora una volta i riflettori sulla spinosa questione dell’abuso di droghe tra i più giovani.

Crescono i consumi
Secondo i dati pubblicati nel 2016 dal progetto europeo Espad, nelle scuole superiori italiane ci sarebbe un esercito di 650mila teenager che nell’ultimo anno ha fumato cannabis, sniffato cocaina, oppure ha preso eroina, allucinogeni o stimolanti, talvolta ingerendo più sostanze contemporaneamente, come se non ci fosse differenza. Lo studio ha coinvolto 30mila studenti tra i 15 e i 19 anni: la regione che detiene il primato per quanto riguarda le droghe sintetiche è l’Emilia-Romagna, ma da nord a sud è in aumento il consumo tra quindicenni di eroina, mentre cresce anche il fenomeno delle smart drugs. Si tratta di droghe composte da sostanze, sia di origine naturale che sintetica, in libera vendita in quanto non rientrano nelle tabelle legislative che proibiscono l’uso di stupefacenti e psicotropi.

I consigli dei carabinieri
Alcune conseguenze dell’abuso di droghe, sintetiche e non, sono comunque visibili nell’immediato. Come suggerito anche dall’Arma dei Carabinieri, in generale, il primo consiglio per i genitori è quello di prestare molta attenzione ai figli al rientro dalle serate con amici e soprattutto al ritorno dalla discoteca. Alcuni indicatori che possono rilevare l’assunzione di sostanze psicotrope, anche a distanza di qualche ora, sono infatti l’eccessiva sonnolenza, la lentezza nel ragionamento, un inspiegabile senso di euforia, numerosi lapsus e difficoltà a parlare, pupille molto strette o molto dilatate, a seconda del tipo di sostanza assunta, difficoltà ad addormentarsi e inclinazione alla violenza.

Parola all’esperto
Per droghe sintetiche si intendono quelle sostante stupefacenti raffinate con complicati processi chimici. Le più famose sono la cocaina, l’eroina, la morfina, il pop e lo speed, Lsd, ecstasy e pasticche in genere. “Non ci sono però indizi specifici per comprendere se il proprio figlio ha preso droghe sintetiche o altro, ma di certo ci sono dei segnali di disagio che possono aiutarci a comprendere se sono state assunte delle sostanze oppure no”, spiega Matteo Lancini, psicoterapeuta e presidente della Fondazione Minotauro di Milano. I segnali ai quali fa riferimento l’esperto riguardano le difficoltà relazionali, gli insuccessi scolastici e gli “eventi luttuosi in senso stretto o anche qualcosa che l’adolescente vive come tale. Ad esempio la fine di un amore o di un’amicizia importante”.

Altro che trasgressione
“Selfie estremi, il fenomeno della ‘Balena blu'(l’emulazione di gesti autolesionistici e suicidi sul web), droghe sintetiche: sono tutte conseguenze di una mancanza di progettualità nella vita o di disagi psichici o relazionali – prosegue Lancini -. È quindi fondamentale creare le condizioni per aiutare nostro figlio a costruirsi delle relazioni, fare in modo che trovi uno spazio per parlare del proprio disagio insieme ai genitori”. Mettersi all’ascolto è dunque il primo passo, ma non è facile. “Oggi gli adolescenti non parlano del disagio coi propri genitori non perché hanno questi ultimi siano particolarmente severi, ma perché hanno paura di deluderli. Prima il consumo di droga veniva visto come qualcosa di trasgressivo, ma oggi non è più così. I consumi attuali testimoniano fragilità. Non è un caso l’aumento di stupefacenti per noia o per anestetizzare il disagio rispetto alle prospettive future”.

Cosa fare per abbassare il rischio?
Il compito degli adulti, consiglia Lancini, è soprattutto quello di “cogliere ogni genere di comunicazione di aiuto senza banalizzare, come si fa invece coi bambini. Bisogna sapersi confrontare con un adolescente che vuole essere ascoltato anche drammatizzando: l’ascolto consolatorio non serve, la sofferenza adolescenziale non è una ragazzata, ma per comprenderla bisogna identificarsi col sedicenne che chiede aiuto, prendendolo sul serio. In questo modo – conclude – la funzione di ascolto favorisce le relazioni e abbassa i fattori di rischio”.