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Condividiamo l’articolo di Matteo Lancini per il Corriere della Sera sulla recente tragica morte di una bambina di 10 anni durante una challenge via social.

I bambini di oggi sono sorprendenti, talvolta esagerati nella loro capacità di essere grandi, o meglio di «fare i grandi». Lo sviluppo delle competenze cognitive e affettive segue una maturazione fisiologica che non tiene il passo rispetto ai loro comportamenti sempre più precocizzati e accelerati.

Può così capitare che si inoltrino in esperienze troppo difficili da gestire, in territori davvero accidentati, in challenge da cui si esce vincenti, perdendo tutto. Davanti alla tragedia della bambina di Palermo morta soffocata, e allo strazio non pensabile dei genitori, qualsiasi riflessione rischia di essere fraintesa. Bisognerebbe forse limitarsi a scrivere che è necessario vietare internet e controllare in ogni momento i propri figli, ma tutti sanno che è una prospettiva impossibile.

Si può, allora, forse provare a riflettere su quali siano i rischi educativi prevalenti. In una società pervasa da aspettative iperideali e prestazionali, l’inciampo e il fallimento diventano sempre più spesso impresentabili a sé e al mondo. Il bisogno di rispecchiamento e approvazione spinge le nuove generazioni alla ricerca di popolarità e successo a ogni costo e trova nella vetrina dei social un territorio in cui sperimentare ed esibire il sé in tutte le sue manifestazioni.

È qui che anche il dolore muto può trovare espressione, fino a diventare prova estrema, drammatica, che prende il posto della parola. Tali azioni meritano di essere comprese nel profondo, ricondotte a ragioni che riguardano non solo la singola storia personale, ma più in generale la spettacolarizzazione imperante nel nostro contesto sociale e culturale.

Oggi, più che mai, siamo chiamati a prestare attenzione al dolore delle nuove generazioni e a promuovere l’utilizzo consapevole della Rete. Sempre più precocemente all’interno del mondo virtuale i nostri figli e studenti esprimono aspetti fondamentali di sé che non meritano censura o banalizzazione ma ascolto e accompagnamento adulto in grado di guidarli verso la crescita.

 

Fonte: Corriere.it