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Riportiamo un articolo pubblicato sul blog Leadingmyself sulle tematiche affrontate da Laura Turuani e Davide Comazzi in “Mamme avatar“.

 

Lo hanno detto in molti: arrivare alla maternità oggi non è un approdo scontato. Si tratta di una vicenda sempre più complessa che va incastrata in un percorso di crescita femminile in cui la donna (legittimamente, a nostro avviso) non intende rinunciare ad ambiti di realizzazione quali l’essere una buona compagna, una professionista, un’amica fidata, un soggetto sociale, una figlia riconoscente e accuditiva. La donna di oggi non si accontenta più di essere solo una madre “regina della casa”. Se questo dato è evidente, ciò non significa tuttavia quello che i detrattori della nuova madre vorrebbero sostenere e cioè che il valore di avere un figlio, sia stato relativizzato. Si potrebbe anzi dire il contrario: con meno tempo e meno possibilità a disposizione il bambino finisce per essere un bene sempre più prezioso. Desideratissimo, spesso unico e superinvestito, merita il massimo dell’impegno e della dedizione.

In questi molti anni di lavoro con genitori di bambini e di adolescenti abbiamo incontrato centinaia di mamme che per risolvere il loro intrinseco dilemma fra parti di sé hanno scelto il contrario della rinuncia e del disinvestimento dal ruolo materno: hanno semplicemente innalzato il peso delle richieste interne e dei propri ideali. Hanno deciso di fare tutto e di fare bene, ancor meglio che in passato.

Nel libro “Mamme avatar”, edito da Bur, abbiamo provato a descrivere come la mamma moderna, donna lavoratrice, nasca perfezionista, organizzatrice, inevitabilmente un po’ narcisa, tuttavia non per questo meno materna con il proprio figlio. Le sue ansie nei confronti del cucciolo e il modo di curarlo sono infatti quelli teneri e accuditivi di sempre: non abbandonarlo, proteggerlo, contenerlo, nutrirlo, anticipare per lui i pericoli del mondo.

Se la programmazione e il multitasking sono le nuove implementate abilità che consentono di occuparsi di tutto e di essere il regista della famiglia, la vera arte praticata dalla mamma moderna, da noi definita “avatar”, è da ricercarsi nella relazione con il bambino. Tale arte nasce da un paradosso: i bambini necessitano di stare vicini alla propria mamma, la madre moderna deve tornare al lavoro. Ne consegue che la madre deve riuscire ad essere vicina al figlio anche da lontano, anche senza il presidio della presenza fisica. Ma come fare a realizzare ciò? Innanzitutto servono strategie di conciliazione, non sono solo di ordine pratico ma anche psicologico: mentre parte della mente è impegnata a rispondere al capo o a gestire una conference call, un’altra parte deve essere certa di saper tener viva la relazione simbolica con il figlio: cosa starà facendo all’asilo in questo momento?

Poi ci sono gli avatar: dispositivi ideati dalle nuove madri per riuscire a stare vicino ai figli anche quando sono al lavoro, o impegnate ambiti non compatibili con la presenza fisica a fianco del bambino. Si tratta di persone, ma anche istituzioni e sostegni di varia natura, che facilitano la costruzione della presenza virtuale. Ad essi la madre non “delega” realmente l’accudimento, nella misura in cui ne dirige le mosse e ne tiene la regia a distanza: un avatar rappresenta sempre la madre e il suo modo di curare, mantiene il contatto con lei, ha il compito di portarla vicina simbolicamente anche quando è lontana. Basta una telefonata per riattivare la relazione. Dietro il volto della tata, nel modo di curare di nonni e padri, nell’organizzazione della propria giornata, i figli riconoscono sempre più spesso il presidio e cifra stilistica rassicurante della propria madre. Quando la madre non è presente fisicamente il bambino riconosce chiaramente che ella ha preventivamente predisposto tutto per lui e che ha fatto ottime scelte: le sue giornate sono ricche di stimoli, giochi e possibilitià di apprendimento nei più svariati contesti (dalla scuola al parco, dalla piscina all’inglese, dalla festa di compleanno dell’amico, al pomeriggio con la nonna).

Mentre la madre è distante, l’attenta programmazione e l’uso degli avatar, tengono vivida la relazione tra la madre e il bambino: superato il vincolo della presenza fisica, il rapporto ne esce addirittura rinnovato e rinforzato. I vantaggi del sistema della mamma avatar sono evidenti durante l’infanzia: se la donna emancipata moderna, lavoratrice, aveva il problema, come madre, di non poter garantire la vicinanza al proprio figlio, attraverso l’invenzione di strategie come quella degli avatar ha trovato una soluzione. Molti evidenze cliniche dimostrano che i bambini di oggi crescono, nonostante i distacchi precoci dalle madri lavoratrici, con meno vissuti di abbandono e solitudine rispetto a quelli di un tempo. Le madri lavoratrici sono più che presenti psicologicamente accanto al proprio bambino che è in grado di esplorare il proprio mondo con una buona dose di fiducia di base e che sviluppa molte competenze precocemente.

E’ vero però che qualsiasi cambiamento presenta dei pro e dei contro. Alla luce delle esperienze cliniche di questi anni, ci sembra di poter dire che gli svantaggi possibili del sistema della mamma avatar riguardino soprattutto l’adolescenza: durante questo periodo, infatti, il figlio non deve evitare la distanza dalla madre, ma al contrario, procurarsela e affrontarla. Sperimentare la solitudine psicologica è un compito di crescita imprescindibile per l’adolescente, serve per l’autonomia e per preparare l’adultità. La presenza di una mamma avatar, in tal senso, può complicare le cose: come fare a distanziarsi da una madre che virtualmente riesce ad essere presente dappertutto, che ha sempre un avatar dietro l’angolo, che è tanto amata e per di più usa le tecnologie per sapere sempre dove sei e cosa ti succede (si pensi all’uso dei registri elettronici e delle geolocalizzazioni degli smartphone)?