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Condividiamo l’intervista di Arianna Cioffi per dire.it a Matteo Lancini sulle ragioni dell’utilizzo delle sostanze stupefacenti in adolescenza.

Il consumo di sostanze stupefacenti negli adolescenti è cambiato nel tempo, “non tanto nella quantità, ma nella qualità“. Se un tempo “il consumo aveva una valenza oppositiva, oggi funge da anestetico, anti noia, anti tristezza, anti solitudine, addirittura come anti depressivo”. Matteo Lancini, presidente della Fondazione Minotauro, psicologo e psicoterapeuta, descrive con parole dirette la condizione emotiva e psicologica degli adolescenti di oggi e le motivazioni che li portano a consumare sostanze stupefacenti.

“In passato- spiega il docente del dipartimento di Psicologia dell’Università Milano Bicocca- prevaleva l’adolescente edipico, che viveva il conflitto con la norma, con il superiore e sfidava il sistema. In quel contesto le ‘canne’ avevano un valore simbolico di opposizione al padre autoritario che ti aveva pressato- precisa- avevano una valenza oppositiva e trasgressiva. Questa valenza, questo mito affettivo che muoveva il consumo a livello profondo, è venuta sempre meno perché le nuove generazioni non crescono più per trasgressione. La trasgressione non esiste più“. Al contrario, prosegue l’esperto, “i bambini di oggi crescono per delusione, all’interno di famiglie molto più affettive, relazionali, espressive e non normate, all’interno di una società meno sessuofobica e governata dai miti dell’individualismo, del successo, della competizione e della popolarità a tutti i costi. Crescono con un ideale dell’Io molto elevato che crolla con l’arrivo dell’adolescenza”.

I DISAGI SONO RICONDUCIBILI AD UN ATTACCO AL CORPO

È in quel momento che arriva “un senso di inadeguatezza, di vergogna, di mancato successo che non fa mai stare bene e porta ognuno a cercare di lenire il dolore in base alle proprie caratteristiche. I disagi giovanili più diffusi parlano infatti dell’attacco al corpo: il disturbo della condotta alimentare femminile e il suo equivalente maschile, che è il ritiro sociale (che avviene quando gli individui dovrebbero nascere socialmente mentre si suicidano socialmente), gli attacchi d’ansia e il self cutting”. Tutti comportamenti, ricorda Lancini, “dovuti al fatto che gli adolescenti sentono dentro di sé una voce che dice loro di non essere mai abbastanza, che li fa sentire inadeguati per cui attaccano se stessi più che gli altri”.

Secondo lo psicoterapeuta “gli adolescenti di oggi avrebbero molti motivi per contestare gli adulti, invece sono pacifici e si anestetizzano rispetto a un senso di solitudine, di dolore e di incapacità di affrontare questo dolore. Vivono un eterno presente, vedono il futuro ancora più incerto di quanto farebbero normalmente, ma- tiene a sottolineare Lancini- hanno intorno adulti troppo impegnati a sentirsi autorevoli e a trattarli come trasgressivi e onnipotenti, però incapaci di osservare la necessità che hanno i ragazzi di parlare di dolore, fino anche di pensieri suicidari”. Qual è allora la ricetta per venire in aiuto di questi adolescenti piegati dal dolore? “Bisogna puntare sulla relazione- suggerisce lo psicologo- avendo il coraggio di chiedere loro come stanno, perché sono tristi se hanno brutti pensieri. Serve anche per introdurre temi che altrimenti i ragazzi vanno a cercare altrove, ad esempio su internet dove possono trovare soluzioni in gruppi come quelli pro anoressia o pro suicidio, oppure nell’effetto anestetico delle sostanze. La tristezza, l’assenza di futuro, i pensieri di morte sono cose di cui gli adolescenti non parlano con gli adulti per paura di deluderli e di trovarli impreparati ad affrontare i temi che invece- conclude Lancini- hanno bisogno di affrontare”.

 

Fonte: dire.it