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Condividiamo l’intervista di Francesco Rigatelli a Matteo Lancini per La Stampa.

L’essere umano non è onnipotente e Paperino ce lo ricorda». Lo psicologo Matteo Lancini, 59 anni, appassionato di cartoni animati, ha appena scritto la prefazione di Buonanotte, ansia (Giunti), il nuovo libro illustrato di Walt Disney su Inside out 2, film che uscirà il 19 giugno con nuova protagonista appunto l’ansia, e ripercorre qui i novant’anni del papero più famoso dei fumetti.

Perché Paperino ha avuto tanto successo?
«La sensazione è che sia il personaggio più umano di tutti e che nonostante il soggetto antropomorfo sia facile identificarsi. Topolino è il protagonista perfetto e Paperino è emerso come secondo».

Un antieroe?
«Certo e molto realistico proprio perché problematico, capace di vivere emozioni, umano nella sua paperaggine».

Rappresenta l’uomo medio moderno?
«Sì e aggiungerei che rappresenta anche degli aspetti di maschio perdente, come molti si sentono oggi nonostante le fragilità portino alla spavalderia. In fondo è un buono».

Un po’ frustrato?
«Sicuramente sì, a causa delle tante sconfitte. È lo zio buono, non lo zio d’America».

Quello è zio Paperone con cui Paperino ha dei debiti?
«E a cui per riparare deve lustrare le monete. Tutti per un momento vorremmo essere zio Paperone, ma alla fine troviamo più umano Paperino».

Nonostante le nevrosi?
«Quando lo hanno disegnato all’inizio era certamente un soggetto nevrotico. In una società più individualistica come oggi probabilmente ha trovato altri aspetti di realizzazione. L’aspetto di continuità è che è rimasto emotivo, come quando si mangia il cappello per esempio. Non è un caso che Inside out 2 avrà tra le novità l’ansia, emozione frequente nei ragazzi di oggi. Esprimere sensazioni negative, come Paperino, aiuta a combatterla e insegna a non nascondersi».

Un’altra emozione negativa è l’invidia per il cugino fortunato Gastone…
«È un sentimento contrastante, perché ci identifichiamo comunque con chi invidia più che con l’invidiato. Oggi i social hanno amplificato l’individualismo che senza progetti di comunità esaspera l’invidia. Sentimenti sbagliati, ma umani, da ricondurre a un senso più ampio nella propria vita».

Paperinik, l’identità segreta di Paperino, cosa le suggerisce?
«L’invenzione di un alter ego positivo, da cialtrone a Batman. Un riscatto personale della nostra limitatezza umana. Paperino sempre fallimentare diventa con solo una maschera un supereroe. Soprattutto nell’età evolutiva è facile identificarsi con questa figura».

Tra sfortune, parenti, la fidanzata Paperina e i nipoti Qui, Quo, Qua, Paperino è un esempio della famosa resilienza?
«La resilienza, ed è anche la morale, è che lui ogni volta che fallisce trae insegnamento dai propri errori. Poi ricomincia da capo perché la narrazione Disney non prevede l’evoluzione del personaggio. In Paperino però c’è sempre un aspetto di resilienza perché risulta sfortunato senza essere sfigato fino in fondo, pigro ma non rinunciatario, arrabbiato senza violenza, perdente ma non sconfitto, impulsivo eppure riflessivo».

Perché Topolino piace di meno?
«Difficile identificarsi in un topo saggio e di successo. Tutti noi poi ci sentiamo vicini a personaggi diversi e per questo ne esistono tanti per vari gusti. Il successo di Paperino dimostra che l’essere umano ha bisogno di fallibilità, umanità, emozioni ed esigenza di esprimerle. Lui in fondo è il personaggio più passionale».

E il suo preferito qual è?
«Da bambino Paperino e Paperinik. Ora cerco di seguire i nuovi supereroi per vedere come cambiamo e come si alfabetizzano i piccoli di oggi da Inside out per affrontare le emozioni a Oceania Cars con principesse che diventano eroine autonome».

Esiste una sindrome di Paperino, cioè un atteggiamento che attrae difficoltà e sventure per via di un impulso autodistruttivo?
«Scientificamente penso di no, ma è un termine con cui si possono indicare personalità che credono di avere poco controllo sulla propria vita e danno molto peso a cause esterne. In questo senso si sentono un po’ Paperino, cioè danno la colpa agli altri, alla sfortuna e si lamentano che va tutto male sottostimando il modo in cui si rapportano all’esistenza».

È sbagliato sentirsi Paperino?
«L’uomo non è onnipotente e Paperino ce lo ricorda. Esiste però una capacità di cogliere i propri comportamenti, che non dipendono solo dall’esterno. Non serve deprimersi o esaltarsi, ma cercare di capire perché per esempio capitano due incidenti in una settimana, magari uno è stressato e si sottopone a fatiche eccessive».