Riportiamo il commento di Matteo Lancini pubblicato sul Corriere della Sera del 08/04/2015 sulla notizia del bambino abbandonato a Milano.
Quando una brutta notizia di cronaca riguarda un bambino non vorremmo mai leggerla né ascoltarla. È quanto di più profondamente ingiusto possa esistere. Il dolore che si prova diventa pervasivo, a volte fisico. Il ritrovamento di un neonato abbandonato può tuttavia essere visto come l’esito miracoloso di un fatto tragico, che per sempre segnerà la vita del piccolo ma anche quella di chi, chissà per quali drammatiche circostanze, ha scelto di compiere un gesto così estremo. Il rifiuto e la rinuncia del proprio bambino appena nato, sebbene appaiano comportamenti terribili e impensabili, fanno parte da sempre del disagio del genere umano ed è per questo che molti ospedali sono dotati di moderne “ruote degli esposti” pronte ad accogliere i neonati indesiderati con la garanzia dell’anonimato. Lo sdegno e la pena che si provano di fronte a queste notizie ci portano anche a riflettere sull’importanza e la preziosità che oggi, rispetto al passato, ha assunto nelle nostre menti l’arrivo di un bambino. Il concetto stesso di “bambino indesiderato” appare sempre più difficile da pensare, ferma restando l’identificazione con le ragioni di chi un bambino proprio non può permettersi di tenerlo e al di là del valore ideologico o religioso che si può attribuire alla vita. L’accoglienza attenta e premurosa che oggi viene riservata ai bambini non ha precedenti nella storia dell’umanità. Le dottrine psicologiche e pedagogiche, insieme alle neuroscienze, hanno contribuito a stravolgere la visione dell’infanzia, apportando una rivoluzione culturale importantissima. Il neonato è oggi concepito come un essere per sua natura intenzionale, relazionale, buono e bisognoso di affetto e di vicinanza, tanto quanto lo è di cibo e calore, se non di più. Esistono un Sé e un’identità precocissimi ed immaturi fin dalla nascita che si svilupperanno nel corso della crescita grazie alle cure dell’ambiente. Il bambino di oggi è sovrano nella coppia e nella famiglia che lo accoglie, spesso a tutti i costi e non senza difficoltà legate alle naturali possibilità procreative. Il progetto generativo si realizza anagraficamente tardi anche perché si vogliono predisporre le migliori condizioni possibili per il proprio bambino. Oggi non si diventa genitori perché “si deve” o per imposizione sociale ma per amore, perché lo si desidera e ci si sente pronti. Diventare genitori è una decisione che si prende per coronare la propria esistenza quando si è già fatto molto per realizzare se stessi e si sente di potersi dedicare alla crescita di un figlio. Il rifiuto e l’abbandono non sono contemplati come rimedi o punizioni del moderno sistema educativo nemmeno più in là nel tempo, quando arriva l’epoca del capriccio e delle attese deluse, figuriamoci all’inizio della vita di un fragile e indifeso neonato.