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Condividiamo l’articolo di Paola D’Amico con l’intervista ad Alessia Lanzi e Matilde Scotti per Il Corriere della Sera.

Scattare una istantanea dei giovani, con i loro disagi, bisogni e sogni, e poi con loro trovare le strade per uscire dal tunnel del disagio. Ha un titolo che è quasi un logo, <<Happy», il progetto di cui è capo- fila la Fondazione Guido Venosta con la cooperativa Minotauro, le Comunità della Salute e i Csv di Milano e Monza-Lecco-Sondrio. Non ha l’ambizione di trovare una ricetta per la felicità, bensì di prevenire «l’emergere di problemi legati all’attacco al corpo, i tentativi di suicidio, i disturbi alimentari, oltre al ritiro sociale e scolastico», chiariscono i promotori. <<Happy», che è già partito, avrà una durata minima di tre anni, coinvolgerà quasi cinquemila preadolescenti e adolescenti, genitori, insegnanti, associazioni e gruppi informali presenti sul territorio di tre realtà molto diverse tra loro: i comuni di Sovico e Seregno e il Municipio 7 di Milano, in particolare il «Quadrilatero di San Siro», quartiere multiculturale per eccellenza dove sono presenti 85 nazionalità diverse, meno della metà della popolazione è italiana. <<<Happy>> vuole anche di ventare occasione di tessere una rete a maglie molto strette con il mondo dell’associazionismo, già presente in modo capillare in ciascuna delle tre realtà individuate. Perché questa sarà una delle chiavi del successo. Lo fa bene in tendere Giuseppe Caprotti, presidente della Fondazione Guido Venosta (www.fondazioneguidovenosta.org) che anni è stata coinvolta in 32 progetti sui temi della salute e del sociale. «Ma la nostra mission è a tutto tondo – continua Caprotti che ne è oggi il presidente – Dopo la pandemia, è emerso con evidenza l’aggravarsi del bisogno da parte dei più giovani che sono il futuro del nostro Paese. Pensiamo ai casi di suicidio, ai disturbi alimentari, al ritiro sociale. Ci dobbiamo occupare di loro e creare una rete di associazioni, mettere le conoscenze in comune». Alessia Lanzi, psicoterapeuta, presidente della Cooperativa Minotauro (minotauro.it) e responsabile scientifica del progetto, spiega: «Il nostro desiderio è portare sui territori attività di prevenzione disegnate su misura, che cioè partano dalla lettura del bisogno autentico, reale, e ascoltare ragazze e ragazzi. Spesso accade che siano invece gli adulti a pensare a ciò di cui essi hanno bisogno, ma ogni adulto pensa trascinandosi dietro i propri desideri e proprie fragilità e questo è uno sguardo che non permette di “sintonizzarsi” su quanto i giovani hanno da dire e esprimono anche attraverso il disagio. Il progetto può essere d’aiuto anche agli insegnanti momento di grandi fatiche». La prima fase è entrata nel vivo. «Siamo partiti – conferma Matilde Scotti, psicoterapeuta e socia della cooperativa Minotauro con focus group formati da 30 giovani, campioni diversificati, due per ognuna delle classi coinvolte. Avevano un grande desiderio di portare la loro voce, di raccontarsi, non erano affatto inibiti e per noi questo è anche un momento di ricerca. Ora vedremo come li raccontano i lori genitori e poi gli adulti che stanno loro accanto. Solo in un secondo tempo, sempre assieme ai giovani e alle comunità cominceremo a immaginare nuove attività e a monitorare i risultati anno per anno. Vogliamo che i più giovani diventino protagonisti. Happy è una strada sia per avvicinarli al mondo del volontariato sia perché si sentano accolti», dice Filippo Viganò, presidente del Coordinamento regionale dei Centri di Servizio per il Volontariato della Lombardia (www.csvlombardia.it). «In questo primo anno scatteremo una fotografia di ciò che è già presente e dei bisogni dei tre territori attraverso gli occhi dei giovani, dei loro genitori e degli insegnanti».