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Condividiamo l’articolo di Elisa Manacorda per Repubblica.it con l’intervista a Matteo Lancini.

In Italia almeno 4 mila casi l’anno, aumentati con la pandemia. Il nostro Paese era l’ultimo tra quelli avanzati a non avere una legge sulla prevenzione. Istituito anche un numero verde.

Per chi si occupa del tema – spinoso, respingente, doloroso quant’altri mai: un tema che tendiamo a nascondere persino a noi stessi – quella del 14 giugno è stata una giornata memorabile. La Camera ha infatti approvato la mozione dell’onorevole Cristian Romaniello (un passato nel Movimento 5 Stelle e oggi presidente della componente parlamentare dei Verdi), per l’adozione di un Piano nazionale di prevenzione del suicidio.

In Italia almeno 4 mila suicidi l’anno

“Finalmente l’Italia – unico tra i paesi avanzati a non averne una – dovrà dotarsi di una strategia nazionale”, dice Romaniello. Una tappa importante, fondamentale in un percorso di civiltà teso ad arginare una grande piaga del nostro paese, continua Romaniello, considerando che il suicidio è tra le primissime cause di morte tra i giovani, la seconda per i giovani adulti. In Italia si stimano circa 4.000 suicidi l’anno. Un dato che però non tiene conto del dato sommerso, composto da tutti i suicidi che non vengono calcolati per assenza di strumenti adeguati.

La mancanza di dati aggiornati

Ora i ministeri dovranno mettersi al lavoro per implementare le indicazioni contenute della mozione: in primo luogo un Osservatorio nazionale sul fenomeno, che funga anche da centro studi: “Ancora oggi ragioniamo su dati del 2017 – spiega Romaniello – e nel frattempo c’è stata una crisi economica spaventosa, una emergenza pandemica globale e ora la guerra. Sconvolgimenti epocali che hanno certamente influito sul fenomeno. È fondamentale avere ogni anno dati aggiornati per ricostruire un quadro completo e poter agire di conseguenza”.

Istituito un Numero Verde nazionale

Nella mozione, approvata all’unanimità con la sola assenza di Fratelli d’Italia, è contenuto anche un secondo strumento. Si tratta di un numero verde nazionale, un centro di ascolto sulla falsariga di quello messo in piedi dalla Regione Veneto, InOltre. “I dati dicono che nei due anni di pandemia le richieste di aiuto e supporto sono state l’equivalente di quelle ricevute negli otto anni precedenti”, sottolinea l’onorevole. E pur trattandosi di un servizio psicologico offerto da quella Regione, le chiamate sono arrivate persino dalla Sicilia. “Noi invece dobbiamo dimostrare che lo Stato risponde a chi è in difficoltà, che si prende carico del disagio e indirizza verso il supporto”. Per fare questo ci vogliono però degli operatori professionisti, formati a valutare il rischio suicidario di chi chiama grazie a strumenti di rilevamento validati.

La prevenzione secondaria

Un altro grande capitolo è quello dei servizi post-evento, cioè della prevenzione secondaria. “Sappiamo – continua Romaniello – che chi ha tentato il suicidio e ha fallito è ad altissimo rischio di provarci ancora. Ma con lui (o lei – le donne tentano il suicidio più degli uomini ma con mezzi meno letali) sono molto a rischio anche le persone che fanno parte della sua cerchia ristretta, i familiari in primo luogo. Per costoro deve essere prevista una presa in carico che scongiuri ulteriori eventi”.

Le categorie più a rischio

Poi è necessario potenziare la ricerca di settore, per focalizzare l’attenzione sulle categorie considerate più fragili da questo punto di vista, gli emarginati, i discriminati, quelli in condizioni di povertà. Le forze dell’ordine (la polizia penitenziaria in primo luogo), la popolazione carceraria, il mondo LGBT. “Per le Forze armate, contesto dove il rischio suicidario è più alto rispetto alla popolazione generale, saranno adottate iniziative affinché si attivino servizi di intervento psicologico attraverso risorse già operanti all’interno ma anche all’esterno di esse, per evitare l’effetto stigma presente, ma modificabile con la cultura della prevenzione”, dice Romaniello. E poi i ragazzi, con interventi mirati nelle scuole. È importante, prosegue il promotore della mozione, che i giovani possano parlare del tema.

Il suicidio non va nascosto al contrario, come suggerisce lo psicoterapeuta Matteo Lancini, andrebbe “monumentalizzato” per renderlo visibile e contemporaneamente destigmatizzato. Non bisogna avere paura del desiderio della morte. Solo dando informazioni corrette possiamo far capire agli adolescenti che ci sono altre strade per uscire dal disagio e dalla sofferenza.

L’importanza di parlarne

Parlarne, dunque. Ma in che modo? Quello della comunicazione è un punto importante. A volte tendiamo a non affrontare il tema perché temiamo l’effetto contagio. In realtà tutto sta nell’usare le parole e il tono giusto. Certo, se ci soffermiamo sulla facilità con cui un giovane ha reperito i farmaci per togliersi la vita non facciamo un buon servizio al lettore o allo spettatore, e rischiamo l’effetto contagio. Ma se accompagniamo la notizia con le informazioni relative ai servizi di supporto, alle associazioni di volontariato, se mostriamo che lo Stato c’è e sa indicare una via d’uscita alternativa alla morte, stiamo facendo prevenzione. “Perché le persone, prima di tentare il suicidio, le provano un po’ tutte per cercare ascolto”, continua Romaniello. E se lo trovano, possono rimettere mano ai loro piani.

Un nodo da sciogliere: la disponibilità di armi da fuoco

La mozione approvata qualche giorno fa è il punto di arrivo di un percorso lungo e tormentato: il primo firmatario ci lavora dal 2018, quando si è accorto di un vuoto normativo nel nostro paese. “Avevo depositato una proposta di legge che era piaciuta a tutti i colleghi. Almeno a parole: perché poi c’era sempre qualcosa di più urgente di cui occuparsi”, dice il deputato, “così ho deciso di tentare il tutto per tutto e ho proposto una mozione da portare in Aula”. L’unico neo, aggiunge Romaniello, è non aver potuto calcare la mano su un aspetto importante: la disponibilità di armi da fuoco, in generale ma soprattutto in ambiente domestico.

La materia è complessa, e non è una mozione il luogo adatto per trattare il tema della loro riduzione. E però nella mozione si chiede di fare campagne informative per migliorare quantomeno la detenzione delle armi da fuoco, esprimendo il rischio suicidario che deriva da questi strumenti. “La ricerca internazionale ci dice infatti che là dove viene ridotto il numero di armi in circolazione, non solo si riducono omicidi e incidenti, ma anche i suicidi con pistole, fucili e persino quelli portati a termine con altre modalità. “L’arma da fuoco ha un potente significato di morte nel nostro immaginario collettivo”, conclude il parlamentare, “toglierle di mezzo lo depotenzia. E mai come le recenti notizie arrivate dagli Stati Uniti ci fanno capire che in Italia dovremo lavorare anche su questo aspetto”.