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Condividiamo l’editoriale di Matteo Lancini per La Stampa.

Non so dire esattamente perché, ma questa volta l’avvenimento e le immagini colpiscono, rattristano, preoccupano più di altre volte. Non credo dipenda dal fatto che il conflitto furibondo veda come protagoniste due ragazze; purtroppo capita già da tempo che la violenza giovanile femminile sia agita anche fisicamente. Non è solo la comparsa dell’arma, l’utilizzo di un coltello per addomesticare con fendenti emozioni travolgenti, che non riescono a essere pensate, mentalizzate, comunicate verbalmente, sostenute in una relazione.

Penso, invece, dipenda moltissimo dall’orda di adolescenti che imbracciano lo smartphone. Decine di figli e studenti che manifestano un’eccitazione emotiva, spintonandosi l’un l’altro pur di individuare uno spiraglio per inquadrare la scena, per ritagliarsi anche loro uno spicchio di popolarità, garantita dalla pubblicazione del proprio video sui social. Per evitare che la bagarre cessi, che la scena mediatica lasci spazio all’emergere di un’umanità più umana, meno esagerata, alcuni urlano, aizzano, innalzano la temperatura emotiva del conflitto. Molte telecamere e toni alti, come si fa a smettere? Già li sento i commenti: «come al Colosseo», «l’arena dei Social».

Vero, tutto vero, e quindi? Cosa possiamo fare? Smettiamola di garantire audience da capogiro a trasmissioni che puntano tutto sulla competizione e il conflitto, senza esclusione di colpi. Smettiamola di utilizzare lo smartphone e di riprendere ogni azione umana di un figlio o di un piccolo studente.

Educhiamo all’utilizzo consapevole di smartphone e internet a favore di sé e dell’apprendimento, introducendoli nelle scuole secondarie. Le iniziative volte a vietare l’utilizzo di smartphone solo alle nuove generazioni, la costituzione di comitati genitori interessati esclusivamente a individuare l’età esatta in cui regalare lo smartphone ai propri figli si sono rivelate controproducenti, deleterie. Nessuna azione del genere è più credibile, se non accompagnata da una rivoluzione nei comportamenti degli adulti.

Siamo in piena emergenza educativa e non è dovuta esclusivamente all’avvento di internet, ma a una fragilità adulta senza precedenti. Iniziamo noi adulti ad alfabetizzarci emotivamente, comprendendo che i nostri sguardi mediati da un videotelefono elevano la temperatura emotiva dei piccoli protagonisti e creano sin dalla più tenera età la necessità di esseri ripresi e popolari. Formiamo comitati di genitori motivati ad autosospendere l’utilizzo della telecamera durante le recite scolastiche e le partite dei figli.

Adulti finalmente capaci di porsi dei limiti in base all’età che hanno raggiunto, non di fare tutto quello che gli pare e piace, per poi rivolgersi ai loro giovani figli e studenti spiegando loro i rischi di una vita trascorsa con lo smartphone sempre tra le dita. Se non lo faremo ce ne pentiremo. Ma ci pentiremo ancora di più se continueremo a realizzare iniziative del tutto contraddittorie rispetto a ciò che ogni giorno pratichiamo davanti ai nostri figli e studenti. Quindi, buona uscita dai social a tutti! Ah, già, è troppo difficile, impossibile; meglio dire che i social hanno rovinato le nuove generazioni.