LUGLIO 2020, III, 5, 68-80
Lockdown e psicoterapia a distanza: come cambia la cura attraverso lo schermo
L’emergenza sanitaria ha imposto una modalità di lavoro a distanza, spesso mai precedentemente adottata e, in taluni casi anche guardata con diffidenza. A quindici psicoterapeuti di diversa esperienza ed orientamento teorico è stata somministrata un’intervista sulle variazioni della relazione, della tecnica e degli obiettivi della cura. L’indagine si è svolta dal 15 al 28 aprile, durante la prima fase del lockdown.
Poco più della metà dei pazienti ha accettato il passaggio a sedute a distanza. I fattori che hanno determinato l’interruzione sono stati soprattutto le caratteristiche del paziente, una recente relazione terapeutica o una scarsa motivazione. Gli psicoterapeuti si descrivono come più coinvolti e supportivi, sentendosi chiamati dalla modalità online e dalle circostanze speciali dovuti al Covid a una maggiore vicinanza al paziente. In certe situazioni il lockdown è stato considerato terapeuticamente positivo perché, pur alimentando reazioni ansiose, ha aiutato alcuni pazienti ad essere più in contatto con i propri vissuti. Tutti gli psicoterapeuti hanno riportato come problema nucleare la mancanza di spazi fisici per il paziente, che non garantiscono uno spazio privato adeguato. È difficile distinguere nelle reazioni il peso della relazione a distanza e quello della drammatica situazione sanitaria
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