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Riportiamo l’intervista del Corriere.it a Matteo Lancini sui provvedimenti per la ripresa delle attività scolastiche dopo il lockdown, in particolare sulla figura dello psicologo scolastico, approfondita anche nel suo testo “Ascolto a scuola” (2003), in cui raccontava le esperienze dei CIC, i centri di informazione e consulenza.

Qual è la differenza con ciò che il protocollo prevede ora?
«L’idea che i ragazzi potessero confrontarsi con adulti in una relazione diversa da quella del docente è vecchia: è stato un decreto presidenziale del ‘91 a istituire i CIC, e da allora moltissime scuole li hanno attivati. Io stesso ho iniziato lì la mia attività, e adesso ne coordino diversi. Ma lo sportello di ascolto non è mai entrato a sistema: questa potrebbe essere un’occasione per estenderlo anche a realtà difficili».

Servono?
«Assolutamente sì: negli anni ci sono state esperienze molto interessanti, con serate organizzate anche per i genitori, e servizi offerti da Comune e Asl. La scuola è il luogo fisiologico della crescita, e affrontarne i problemi relativi con degli esperti è importantissimo. Il vero tema è avere delle risorse: ad esempio, la legge sul cyberbullismo è una legge importantissima, ma con pochi fondi, e quindi risvolti limitati».

Come organizzarli?
«Innanzitutto tenendo conto delle diversità delle singole scuole. Non si può pensare di offrire lo stesso servizio in una scuola al centro di Roma o al quartiere Zen di Palermo. Per i bambini piccoli, poi, funziona meglio l’ascolto indiretto, attraverso le famiglie e i docenti».

Che tipo di supporto psicologico bisognerà dare ai ragazzi dopo il lockdown?
«Non bisognerà considerare solo quello che hanno vissuto, ma l’incertezza del futuro che li attanaglia. Non solo ricerca dei traumi, ma progettazione ed elaborazione del dopo. E poi, si dice molto su come saranno ascoltati, ma è fondamentale capire anche come verranno accolti».

In che senso?
«Tanti docenti hanno compreso le difficoltà, lo smarrimento, i momenti difficili vissuti dai ragazzi. Altri pensano che sia stata solo una pausa dallo studio serrato, e che al rientro a settembre dovranno recuperare tutto quello che hanno perso in termini di didattica. Io spero che quest’approccio non prevalga: non vorrei che ci fosse attenzione solo alla valutazione. Spero che la scuola rappresenti per gli studenti un luogo dove troveranno una comunità di adulti pronti a elaborare davvero quanto successo e a riprendere».

 

Fonte: Corriere.it