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Ci sono state ben venticinque perquisizioni da parte dei carabinieri in tredici province d’Italia in seguito al fenomeno, recentemente scoperto, del gruppo whatsapp “The Shoah Party”, nell’ambito del quale minorenni si inviavano immagini di una violenza inaudita, a sfondo nazista o pedopornografico. Il portale Nostrofiglio.it ha intervistato lo psicologo psicoterapeuta Matteo Lancini, presidente della Fondazione Minotauro, che ha spiegato che se è possibile che dei ragazzini arrivino a tanto, è a causa del sistema di valori errato che connota la società contemporanea.

Una mamma di Siena, sconvolta dopo aver trovato sul cellulare di suo figlio del materiale pedopornografico, ha sporto subito denuncia. È venuto fuori un mondo oscuro: alcuni ragazzini italiani, di 13 anni o poco più, si mandavano su whatsapp dei video di una violenza inaudita a sfondo nazista, islamista e addirittura pedopornografico. Per questo gruppo whatsapp era stato scelto anche un nome terribile: “the Shoah party”. Dopo che è venuta fuori questa terribile vicenda, ci sono state ben venticinque perquisizioni da parte dei carabinieri in tredici province d’Italia.

Ma cosa spinge dei ragazzini a mandarsi dei video del genere e come è possibile che non si rendano conto dell’orrore di determinate immagini?

Abbiamo intervistato lo psicologo psicoterapeuta Matteo Lancini, presidente della Fondazione Minotauro, che ci ha spiegato le motivazioni dietro a un simile evento. Se è possibile che dei ragazzini arrivino a tanto, è certamente a causa del sistema di valori errato che caratterizza la società contemporanea.

È possibile che i ragazzini, per noia, arrivino a tanto?

Essere adolescenti in questo periodo storico, in cui è in aumento la perdita significativa di valori e un “narcisismo crescente”, non è facile: esistono numerosi ragazzini che entrano, prima o poi, in contatto con materiale violento o inappropriato. Occorre proporre un modo di ragionare diverso, basato meno sull’uso incontrollato di internet e di più sul dialogo vero, agli adolescenti, che ad oggi sembrano spesso disorientati e soli.

Genitori che non si accorgono di nulla, ragazzi che non si rendono conto della gravità delle foto. Cosa può fare un genitore?

«Per evitare fenomeni di questo tipo, occorre che ci sia un controllo più stretto da parte dei genitori, i quali devono anche dare l’esempio ai figli evitando, ad esempio, di condividere continuamente foto sui social: insomma è opportuno che madri e padri impartiscano ai propri figli un’educazione digitale appropriata», ha affermato il dottor Lancini.

Esistono campanelli di allarme?

Secondo il dottor Lancini, i campanelli di allarme possono essere numerosi, ma è certo che i genitori non sempre si preoccupano di verificare la vita virtuale dei loro figli. Questi ultimi vengono spesso controllati a casa, a scuola, ecc., ma non su quello che succede “on line”.

«Ciò accade perché per anni la vita virtuale è stata sempre percepita come lontana da quella reale, come se non avesse ricadute sulla quotidianità. È chiaro che non è così. È importante, dunque, che si educhino i figli a un corretto uso dei device digitali».

Controllare il cellulare dei figli: è giusto?

«Certamente è opportuno che un genitore faccia sempre le dovute verifiche, ma la cosa più importante è insegnare al bambino, sin da quando è piccolo, il dialogo e la condivisione e dare sempre il buon esempio, evitando di trasmettere valori sbagliati e di dare al ragazzo un’educazione improntata all’individualismo».

 

Fonte: NOSTROFIGLIO.IT