Condividiamo l’editoriale di Matteo Lancini per La Stampa.
L’idea di vietare l’ingresso dello smartphone nelle scuole primarie e secondarie di primo grado mi trova d’accordo, anzi d’accordissimo. Mi auguro si tratti di un’iniziativa che finalmente avvii un profondo processo di responsabilizzazione di genitori, docenti e dirigenti scolastici, in diversi casi poco propensi ad attuare provvedimenti a favore delle esigenze evolutive attuali e future di figli e studenti. Per essere credibile tale provvedimento dovrebbe però, a mio avviso, prevedere anche il divieto assoluto dell’ingresso dello smartphone a scuola da parte di qualsiasi adulto. A genitori e insegnanti dovrebbe essere impedito l’utilizzo dello smartphone in qualsiasi occasione scolastica ed extrascolastica in cui i bambini recitano, festeggiano la fine dell’anno scolastico, visitano un monumento o un museo.
A scuola, e in gita, dovrebbe essere impedita per legge l’esagerata celebrazione di qualsiasi iniziativa, promossa dall’utilizzo di fotocamere smartphone che alimentano una sovraesposizione dei sentimenti dei minori, in una quotidianità sempre più pornografizzata, dove il confine tra esperienza privata e pubblica non esiste più. Inoltre, il provvedimento, per essere minimamente credibile, dovrebbe parallelamente prevedere che tutte le scuole secondarie di primo grado e secondo grado siano collegate, perennemente e ad altissima velocità, alla rete internet. Trovo incredibile che, in Italia, gli unici luoghi oramai privi di accesso internet free siano le scuole secondarie, dove i nostri figli e studenti dovrebbero essere educati all’uso consapevole del digitale e costruire la propria identità personale e professionale.
L’ambiente all’interno del quale gli adolescenti italiani trascorrono più tempo con degli adulti alternativi ai genitori e dove dovrebbero elaborare pensieri critici sui rischi della società “onlife” in cui li abbiamo obbligati a vivere, secondo molti non dovrebbe prevedere alcuna connessione, che distrae dalla vita vera. Mi auguro, inoltre, che tale provvedimento sia immediatamente affiancato dall’obbligo di far svolgere ai ragazzi e alle ragazze del nostro Paese almeno una delle prove del prossimo esame di Maturità attraverso il libero accesso alla rete internet. Si chiamano verifiche “open internet” e consentono, contemporaneamente, di verificare gli apprendimenti raggiunti e di ampliarli grazie alle infinite possibilità concesse dall’accesso guidato a internet. Penso che questo mio entusiasmo svanirà in fretta. Togliere a figli e studenti e non rinunciare a niente come adulti e il mantra di una società dissociata, dove viviamo iperconnessi tramite lo smartphone, per poi individuare nello smartphone il pericolo della crescita dei nostri figli e studenti quando giunge l’età in cui lo dovrebbero utilizzare loro.
Con quello che ci sarebbe da fare in Italia, a scuola e non solo, per i nostri ragazzi e le nostre ragazze, per ridurre il disagio, l’ansia generalizzata, l’aumento dei tentativi di suicidio, sempre più spesso messi in atto proprio a scuola, ci focalizziamo ancora sullo smartphone e internet, anzi sosteniamo che sono loro la causa del disagio e della sofferenza giovanile. E chi non si allinea con questa banalizzazione della complessità odierna è un buonista, mentre autorevole sarebbe l’adulto che priva, limita, regolamenta le giovani menti distratte e dipendenti, ma intanto continua a tenere lo smartphone in tasca pur di fare quello che vuole e rendere pubblico ogni suo pensiero in tempo reale. Ma è possibile che dopo tanti anni di provvedimenti rivolti in questa direzione, non ci si sia resi conto che a furia di proporre quotidianamente modelli d’identificazione e di successo totalmente incoerenti con i provvedimenti stessi, gli adulti abbiano perso progressivamente credibilità e autorevolezza? Ma davvero non siamo in grado di capire che così facendo aumenteremo ulteriormente il potere orientativo di internet e dei social tra i giovani e i giovanissimi? Sarebbe ora di fare gli adulti.