Condividiamo l’editoriale di Matteo Lancini per La Stampa.
Purtroppo la drammatica visione che governa le menti di molti adulti è che i bambini e gli adolescenti odierni hanno avuto troppe attenzioni, sono stati troppo amati e non hanno avuto abbastanza regole e limiti. Lontana da loro la percezione che li abbiamo costretti a crescere essendo se stessi ma a modo nostro, obbligandoli a prendersi carico delle nostre fragilità e contraddizioni educative.
Animati da tali rappresentazioni mentali, questi stessi adulti chiamano atto d’amore la richiesta di provvedimenti governativi volti a vietare l’utilizzo di smartphone, social e videogiochi prima di una certa età. Incuranti delle ricerche scientifiche più serie e autorevoli, che come riportato in un recente articolo su Nature, dimostrano che non esistono correlazioni tra depressione in età evolutiva e utilizzo dei social e che se mai sono i giovani che già soffrono a iperutilizzare internet, professionisti di diverse discipline e arti lanciano un appello che ancora una volta testimonia tutta la fragilità e lo spaesamento degli adulti del nostro Paese. Ci sarebbe molto da fare, ma poiché nessuno vuole rinunciare a niente e impegnarsi autorevolmente nella propria funzione adulta, ecco il vecchio refrain del divieto, come lava-coscienze spacciato per intervento adulto protettivo, rigoroso e autorevole.
Le regole proposte non sono realmente attuabili e lo sanno anche i firmatari. Quello che si potrebbe e dovrebbe fare è invece limitare l’utilizzo dei gruppi di whatsapp dei genitori, chiedere agli adulti, firmatari compresi, di eliminare immediatamente i loro profili social, in modo da dimostrare che possono avere successo e notorietà anche senza raccontare cosa fanno e cosa pensano ogni giorno. Per non parlare di quei colleghi che combattono guerre sacre contro internet e i social ma intervengono continuamente sui social a sostegno della loro carriera e della promozione dei loro libri. Proprio per questo ho recentemente proposto in audizione al Senato della Repubblica di vietare sì i social ma fino agli 80 anni compresi, per dare il buon esempio. Bisognerebbe poi riconsegnare il corpo, sequestrato da tempo dall’angoscia di noi adulti, ai nostri figli e studenti, i quali non possono più muoversi in classe, andare a scuola se non accompagnati e a cui abbiamo impedito di frequentare cortili e giardini trasformati in box auto o recinti di gioco e deiezioni dei cani. Ma è troppo difficile, più facile chiedere ai figli di fare nuoto o una qualsiasi attività sportiva e ricreativa purché presidiata da qualche adulto. Dirigo da dieci anni un master sulla prevenzione delle dipendenze da internet in adolescenza e mi occupo di questo tema da oltre vent’anni.
I bambini e gli adolescenti guardano ogni giorno all’adulto e cercano autenticità ma trovano contraddizioni e dissociazione. Ci sarebbe molto da fare ma è più tranquillizzante far finta di vietare invece che educare e aiutare le nuove generazioni ad avere un futuro in questa società sempre più complessa e iperconnessa. Essere adulti autorevoli non è semplice ma almeno ci si potrebbe provare, quotidianamente, piuttosto che con una firma o una petizione da promuovere via internet, su qualche piattaforma social.