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Riportiamo una sintesi dell’interessante articolo pubblicato sulla rivista scientifica Psichiatria e Psicoterapia realizzato da Stefano Gastaldi, Valeria Madaschi, Manuela Provantini e Gabriella Rossi.

La distrofia di Duchenne è una patologia ereditaria caratterizzata dalla progressiva degenerazione, dall’indebolimento dei muscoli volontari che porta gradualmente a perdere la capacità di camminare e di compiere autonomamente qualsiasi atto di vita quotidiana. La perdita totale dell’autonomia, nella maggior parte dei casi, coincide nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Affrontare l’adolescenza per ragazzi con questo tipo di distrofia è compito arduo e ai limiti di uno sviluppo psicopatologico del sé, del proprio corpo e del loro “valore” come persone in grado di autodeterminare la propria vita e le proprie scelte. Si trovano a dover affrontare un duplice movimento, che rende doloroso e complesso il rapporto con il proprio corpo e con gli altri: da un lato condividono con i coetanei lo sviluppo puberale, le spinte adolescenziali verso l’autonomia (l’amore, il rapporto con i pari) dall’altro il progressivo degenerare della funzionalità muscolare li allontana dalla realtà dei coetanei e dal raggiungimento dell’autonomia. Difficile è proiettarsi nel futuro con un progetto personale quando le limitazioni imposte dalla malattia sembrano non consentirlo affatto. Doloroso è lo scontrarsi con il timore che certe mete potrebbero non venire mai raggiunte o richiedere tempi maggiori di quanto invece non accada ai coetanei. Il nucleo famigliare, inoltre, si stringe spesso in una dinamica di iperprotezione amplificata dalla  necessità di fare alcune cose per il figlio e “al posto del figlio”. Il progetto di ricerca, condotto dal Minotauro in collaborazione con il Centro Clinico Nemo (Ospedale Niguarda di Milano) e con la UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) di Monza, proposto a nove adolescenti affetti da distrofia di Duchenne e nove coppie genitoriali, ha un duplice obiettivo: esplorare le aree di maggior sofferenza dei ragazzi, le criticità che i genitori si possono trovare ad affrontare nell’accompagnare i figli nel loro ingresso in adolescenza e favorire il normosviluppo emotivo degli adolescenti portatori di distrofia di Duchenne, sostenendo i processi di soggettivazione, recuperando le loro componenti costitutive rimaste in arretrato per via della dipendenza dalla famiglia e delle differenze con i coetanei.

Per questo si è pensato di proporre ai ragazzi, dopo una prima fase di indagine testistica (Youth Self Report di Achenbach e intervista semistrutturata) uno spazio in cui poter elaborare in gruppo le difficoltà legate a questa fase specifica della loro crescita. Allo stesso modo si è pensato di offrire ai loro genitori (dopo uguale indagine testistica), un ambito di riflessione comune che li aiuti ad elaborare insieme risposte a quelle domande che difficilmente saprebbero cogliere e a cui non vorrebbero mai “rispondere”.  Punto di partenza è il gruppo, un’esperienza per tutti nuova, uno strumento di pensiero e confronto, libero da giudizi, sicuro, che permette di condividere emozioni, pensieri, diminuire il senso di solitudine e aprire a nuove prospettive.

L’esperienza del gruppo ha permesso ai ragazzi di confrontarsi per la prima volta tra coetanei su questioni delicate e intime. Hanno così potuto scoprire nuovi punti di vista, passando gradualmente da una posizione “passiva”, di attesa di aiuti e soluzioni dal mondo esterno, ad una più ” attiva” e rivolta ad una maggior autonomia in cui é possibile mettere in gioco le proprie risorse, i propri pensieri e le proprie idee.
Parallelamente i genitori hanno potuto condividere problematiche dolorose e paure profonde, provando ad elaborare soluzioni nuove, e riuscendo ad esprimere il loro bisogno di recuperare spazi di vita “personali” accanto alla malattia del figlio.